Rivista Archeologia Veneta
Journal of Ancient Studies on North-Eastern Italy
annata XLIV-2021
Archeologia Veneta, XLIV-2021
Cecilia Moscardo. Per una tipologia e cronologia delle olle a spalla espansa, p. 2
Questo contributo prende in esame le olle a spalla espansa, una famiglia tipologica caratteristica del Veneto preromano, i cui esemplari provengono dalle necropoli di Este e soprattutto di Padova, dove sono utilizzati per lo più come ossuari. Obiettivo del lavoro è quello di proporre una loro articolazione tipologica, al fine di presentarne un inquadramento cronologico aggiornato. Attraverso l’analisi dei prototipi metallici e dei materiali nei corredi, inoltre, si tenterà di delinearne l’uso e la funzione in ambito funerario e non solo.
Luca Doria, Caterina Previato, Jacopo Bonetto, Elena Pettenò, Francesca Veronese. Il ponte romano presso porta Altinate a Padova: tra vecchie e nuove ricerche, p. 22
In occasione delle celebrazioni del bimillenario della morte di Tito Livio, l’Università di Padova, il Comune e la Soprintendenza hanno attuato una serie di attività di ricerca e valorizzazione che hanno interessato anche il ponte romano detto Altinate. Attualmente collocato al di sotto del manto stradale all’incrocio tra via Altinate e Riviera dei Ponti Romani, ponte Altinate costituisce uno dei monumenti meglio conservati e meno conosciuti dell’antica Patavium. Il contributo si prefigge di ricostruirne la storia, analizzare la sua collocazione topografica e indagare le sue peculiarità architettoniche e materico-costruttive, alla luce dei risultati di un recente progetto di ricerca condotto dall’Università di Padova in collaborazione con la locale Soprintendenza e i Musei Civici, che ha previsto un riesame approfondito dei dati editi e una campagna di rilievo funzionale allo studio del monumento.
Sara Emanuele. Padova, Corso Vittorio Emanuele II. Microscavo e restauro del corredo funerario della “Dama allo specchio”, p. 40
Nel 2017 veniva allestito presso i Musei Civici agli Eremitani di Padova – Museo Archeologico un prezioso corredo funerario datato alla media età imperiale. Rinvenuto al numero civico 195 di Corso Vittorio Emanuele II a Padova, il corredo è riferibile a un soggetto femminile adulto e si compone di uno specchio in vetro con cornice in piombo, di dieci aghi crinali in osso, di 142 vaghi in vetro di collana e di un manufatto in bronzo per il quale si ipotizza la funzione di contenitore per cosmetici. La descrizione del restauro, condotto presso il laboratorio dell’allora Soprintendenza Archeologia del Veneto, è integrata da alcune osservazioni sulle tecniche di lavorazione e sulle tracce d’uso.
Giorgio Garatti, Silvia Paltineri, L’Eridano, il Po e i suoi rami. Un paesaggio culturale e le sue trasformazioni tra fonti letterarie e testimonianze archeologiche, p. 54
Il contributo riesamina, alla luce dell’idrografia antica, del paesaggio e degli aspetti archeologici, le notizie relative all’Eridano-Po e, in particolare, al Po di Adria nella nozione degli autori greci e latini. Il progressivo mutamento della posizione dei rami padani del comparto deltizio-polesano determinò, fra la fine dell’età del Bronzo e la romanizzazione, significativi cambiamenti nell’assetto del territorio e nelle sue potenzialità commerciali rispetto al Mediterraneo e all’Europa: su questa complessa realtà si costruì e si rimodellò nei secoli l’immaginario stratificato presente nelle fonti antiche.
Elodia Bianchin Citton. Le tombe di fine VIII-prima metà VII sec. a.C. da Montebelluna-via Nazario Sauro e il loro contributo alla ricostruzione del paesaggio funerario del centro veneto, p. 66
Si esamina l’ultima fase d’uso (Fase IV) di una piccola area cimiteriale tornata alla luce nel 2008 a Montebelluna in via Nazario Sauro. Si tratta di tre tombe a incinerazione in cassette formate in origine da lastre di calcare e/o assi di legno e alloggiate entro fosse scavate nei sedimenti argilloso-sabbiosi sterili di un “grande tumulo” (tombe 1 e 4) come pure nei depositi naturali del versante collinare (tomba 2). La datazione delle tre tombe tra fine VIII e prima metà VII sec. a.C. consente una correlazione cronologica con sepolture coeve delle note necropoli di S. Maria in Colle e Posmon. Lo scavo di via Nazario Sauro, condotto con metodo micro-stratigrafico, ha consentito inoltre di ricostruire i processi deposizionali e post-deposizionali di ogni singola tomba anche in relazione alla rispettiva segnalazione sopra terra a mezzo di piccoli “accumuli” formati principalmente da terre di rogo. Il paesaggio funerario “a piccoli tumuli”, come percepito visivamente dai contemporanei, avrebbe consentito nel tempo l’esatta localizzazione di ogni singola tomba e la sua salvaguardia in antico.
Cristina Mondin. Asolo sotterranea: la galleria romana di servizio dell’acquedotto La Bot, p. 88
Una recente rilettura dei documenti d’archivio che menzionano l’acquedotto romano La Bot di Asolo (TV) ha permesso di proporre nuove considerazioni circa il cunicolo soprastante che corre in posizione sovrapposta e parallela al primo per circa 77 m. La galleria scavata nella roccia naturale è parzialmente pavimentata con sesquipedali norditalici; questo consente di affermare che fu realizzata in epoca romana contestualmente allo scavo dell’acquedotto. Poiché non sono stati individuati pozzi di aereazione, il cunicolo di servizio dovette agevolare le attività di lavoro durante lo scavo e garantire un facile accesso per la successiva manutenzione.
Valentina Famari. Il pavimento della Cappella Giustiniani della chiesa di S. Elena a Venezia: appunti di filologia e bibliografia, p. 100
Il pavimento in maiolica della Cappella Giustiniani, della chiesa di S. Elena a Venezia, è l’unico esempio di produzione valenzana in Veneto citato nelle fonti antiche. Disperso nel XIX sec., parte dei suoi resti furono identificati e pubblicati da Luigi Conton nella prima metà del secolo scorso. Attraverso l’analisi dei testi del Conton, delle fonti documentali, della letteratura più recente e grazie al confronto con gli esempi esistenti, il contributo va a ripercorrere le vicende di questo pavimento, mettendo in risalto alcune incongruenze e aspetti inediti, risolti con la proposta di nuove ipotesi.
Eliana Bridi. Dalla tradizione grafica rinascimentale ai rilievi ottocenteschi. Fonti e documenti per lo studio dei materiali e delle tecniche edilizie di Verona romana, p. 114
Il contributo prende in esame una selezione di fonti scritte e di rilievi (piante, prospetti, sezioni) editi relativi a monumenti, complessi architettonici ed infrastrutture di Verona romana e prodotti tra l’epoca rinascimentale e la fine dell’Ottocento, con il preciso obiettivo di trarne informazioni sui materiali e sulle tecniche costruttive utilizzate negli edifici della città, anche laddove essi non siano ad oggi più visibili o conservati, e di ampliare le conoscenze sui modi del costruire diffusi a Verona in età romana.
Giovanna Falezza, Giovanni Rodegher. Nuovi dati sul territorio perilacustre veronese in età romana: l’insediamento di località Le Fontane a Cavaion Veronese (Verona), p. 140
L’insediamento romano in località Le Fontane a Cavaion Veronese (VR) è stato scoperto ed indagato tra il 2007 e il 2008 in occasione di scavi legati ad un piano di lottizzazione residenziale. Il complesso, portato alla luce per un’estensione di circa 2500 mq (ma in antico probabilmente più esteso), è caratterizzato da una planimetria a sviluppo lineare orientata nord-ovest/sud-est, con gli ambienti distribuiti secondo un ordine paratattico e affacciati su due ampie aree scoperte rivolte a sud-ovest. Nonostante lo stato di conservazione molto residuale delle strutture rinvenute, l’attenta analisi della stratigrafia e dei materiali consentono di ricostruire le principali caratteristiche e fasi di vita dell’edificio e di aggiungere un prezioso tassello alla conoscenza del territorio perilacustre del Garda veronese in epoca romana.
Davide Brombo, Gianni De Zuccato. Talamasia antiqua. Archeologia di un villaggio abbandonato nella media pianura veronese, p. 158
Le indagini eseguite nel 2017 per la posa di un metanodotto a Isola della Scala (VR) hanno permesso di indagare 4000 mq dell’antica villa de Talamasia, borgo medievale documentato a partire dal XII sec. e abbandonato nel corso del XV sec. Sono state rinvenute tracce di edifici lignei residenziali, alternati in maniera regolare a spazi aperti e aree lavorative. Si presentano le fonti storiche e cartografiche, i dati dello scavo e i risultati delle analisi su alcuni pali che, associati a quelli dello studio dei materiali, permettono di retrodatare la fondazione del villaggio.
Federico Bonfanti, Valeria Grazioli, Simone Pedron. Ricerca e divulgazione archeologica al villaggio preistorico Parco Valle del Menago - Bovolone (VR), p. 178
Il presente intervento illustra un caso di declinazione dell’archeologia in veste divulgativo-sperimentale: il villaggio preistorico ricostruito nel Parco Valle del Menago (Bovolone, VR) ad opera dell’Ass. Tramedistoria. In questo parco naturale di 35 ha, dal 2016 è in corso la ricostruzione di capanne, strutture e oggetti filologicamente riferiti a rinvenimenti pre-protostorici delle circostanti Valli Grandi Veronesi, note per la forte traccia archeologica. Il progetto prevede inoltre attività di ricerca e divulgazione al pubblico tramite archeologia sperimentale e imitativa.
Michele Matteazzi. Verso le montagne e oltre: alcune considerazioni sulla viabilità di epoca romana nella pianura a nord-ovest di Vicenza, p. 190
Il contributo propone alcune considerazioni relative alla viabilità che in epoca romana doveva caratterizzare il territorio a nord-ovest di Vicenza, visto qui nel suo ruolo di naturale asse di collegamento (fisico oltre che culturale) tra pianura e montagna. Attraverso quindi un’impostazione metodologica che segue un approccio di tipo archeomorfologico, si cercherà di individuare e ricostruire l’antica rete viaria che definiva questo settore di alta pianura costituendo un importante sistema di comunicazioni da e verso la città romana di Vicetia (Vicenza) e, insieme, la spina dorsale attorno cui venne col tempo a configurarsi l’attuale paesaggio rurale.
Michele Asolati. Una zecca clandestina cinquecentesca sull’Altopiano di Asiago, p. 206
L’articolo s’incentra su di un nucleo di materiali pertinenti a una fabbrica di monete false, rinvenuto casualmente nel 2018, tra Canove e Cesuna nel comune di Roana (VI). Si tratta di resti della lavorazione dei tondelli e di monete spezzate intenzionalmente; queste ultime riportano i tipi del sesino veneziano, coniato nel corso del Cinquecento e diffusamente falsificato. Il fatto che tutte le monete siano tagliate lascia ipotizzare che questi siano i resti di un’officina clandestina, scoperta dalle autorità veneziane e chiusa, obliterando tutti i prodotti finiti ancora presenti.
Nicola Pollon. La casa di pianura nel Veneto preromano: caratteristiche planimetriche e architettoniche, p. 222
La schedatura e l’analisi dei dati planimetrici e architettonici editi di 75 strutture abitative dei centri di pianura del Veneto tra X e II sec. a.C. permettono un inquadramento diatopico e diacronico delle modalità costruttive della regione nell’età del Ferro. Si fornisce un solido punto di partenza per ampliare il confronto con l’architettura domestica di contesti coevi dell’ambito italico e centro-europeo.
Simone Don. Tre iscrizioni dalmate in collezioni venete, p. 240
Vengono studiate tre stele funerarie d’età romana, almeno due delle quali certamente appartenute alla collezione Obizzi, al castello del Catajo di Battaglia Terme, e una terza conservata al Museo Naturalistico-Archeologico di Vicenza. Due di esse sono tradizionalmente assegnate al territorio patavino e un’altra è stata ricondotta genericamente a una provenienza istriana, ma, grazie a un’analisi tipologica, le tre epigrafi sono collocate nell’ambito della città di Salona, in Dalmazia.
Giulia Deotto, Andrea Cozza. Archeologia e medicina nel Venetorum Angulus: presentazione di un progetto multidisciplinare, p. 252
L’intervento si focalizza sulla presentazione di un progetto multidisciplinare teso a individuare, studiare e valorizzare i materiali archeologici di epoca antica e di pertinenza medica provenienti dal Venetorum Angulus. Tale progetto è il frutto della collaborazione di due diversi gruppi di ricerca dell’Università di Padova, uno di estrazione medica e l’altro di estrazione archeologica, la cui collaborazione si è avviata a partire dal 2018 con l’intento di ricostruire i paradigmi della pratica medica nel mondo antico relativamente al territorio veneto.