Rivista Archeologia Veneta
Journal of Ancient Studies on North-Eastern Italy
annata XLV-2022
Archeologia Veneta, XLV-2022
Sara Balcon. Costruire in età romana nel Bellunese: materiali da costruzione e tecniche edilizie, p. 2
Le evidenze architettoniche di età romana presenti nel territorio dell’attuale provincia di Belluno, a differenza di quelle di altre aree della Regio X – Venetia et Histria, non sono state fino ad oggi oggetto di trattazioni approfondite. Il presente contributo si pone l’obiettivo di analizzarle nel dettaglio, al fine di delineare un quadro preliminare dei materiali da costruzione e delle tecniche edilizie impiegati in epoca romana nel Bellunese e di approfondire le dinamiche economiche, sociali e culturali connesse ai processi costruttivi che ebbero luogo nella regione.
Chiara Luchetta, Michele Matteazzi. Tra Feltria e Tridentum. Viabilità e confini tra le valli del Piave e del Brenta in epoca romana, p. 22
Il contributo propone, da una prospettiva prettamente topografica, alcune considerazioni relative alla viabilità e alla confinazione tra i municipia romani di Tridentum e Feltria. A livello territoriale, l’areale considerato si estende dalla Val di Piave fino all’altopiano del Tesino e alla Bassa Valsugana: un comprensorio che, fin dall’antichità, ha svolto un naturale ruolo di terra di confine tra il territorio trentino e quello feltrino e che, a partire dalla meta del I sec. d.C., venne interessato dal passaggio di un’importante arteria stradale realizzata dall’imperatore Claudio come collegamento tra la Venetia e la Raetia e da lui denominata via Claudia Augusta.
Cinzia Bettineschi, Claudia Gambino. Verso una biografia dei reperti egizi in faience del Museo Archeologico di Padova: appunti sulle tracce di lavorazione, p. 36
Il contributo presenta i risultati dell’indagine condotta su una selezione di reperti egizi ed egittizzanti in faience conservati presso il Museo Archeologico di Padova. I materiali considerati comprendono ushabti, vaghi, pendenti e amuleti, ma anche scarabei e un frammento di vaso, che sono stati indagati per determinare le tecnologie di produzione. I reperti sono stati esaminati per mezzo di osservazioni macroscopiche e in microscopia digitale USB. In presenza di indicatori specifici, e stato possibile offrire nuovi spunti sulle tecniche di lavorazione utilizzate e mettere in relazione questi dati con la datazione stilistica dei reperti. In alcuni casi, che saranno esemplificati, si sono potute proporre nuove ipotesi relativamente alle materie prime impiegate, all’identificazione del tipo di materiale vetroso/lapideo e allo stato di conservazione. In appendice, viene inoltre fornito un catalogo aggiornato di tutti i reperti inediti o solo parzialmente editi considerati nel testo.
Vanessa Baratella, Andrea Giunto, Francesca Adesso, Lara Maritan, Elena Mercedes Perez-Monserrat, Valentina Famari, Massimo Vidale. Una fonderia dell’VIII secolo a.C. dal sito di Riviera Ruzante-via S. Chiara a Padova, p. 60
Il contributo illustra i passi preliminari del Progetto di Eccellenza CA.RI.PA.RO. “La prima fonderia di Padova preromana – The earliest foundry of pre-Roman Padua”. Tale progetto si incentra sullo scavo microstratigrafico di un blocco di deposito archeologico isolato dal sito della Questura/Riviera Ruzante di Padova nel 2000-2001, contenente una porzione di stratigrafia proveniente dal laboratorio metallurgico dell’VIII sec. a.C. Vengono brevemente ripercorse la storia dello scavo, uno dei più importanti interventi urbani a Padova, e le circostanze che hanno portato al trasporto del blocco presso i laboratori di Archeologia del Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Padova. Sono poi presentate le fasi di scavo del blocco stesso e la scoperta di sottostanti superfici ricche di evidenze tecniche legate alla lavorazione del rame/bronzo e di materie dure animali (soprattutto palco di cervo). Le ceramiche del vespaio, in grande misura olle, risultano ben conservate e ricomponibili, e vengono qui discusse in termini tipologici e di associazione locale, proponendone poi la ricostruzione mediante modellazione 3D. Un unico vaso con decorazione applicata a rilievo, collocato esattamente al centro del vespaio, viene accuratamente studiato e riprodotto sperimentalmente per ricostruirne le tecniche costruttive e trarne nuove implicazioni socio-tecniche.
Stefano Buson. Prima fase dell’Arte delle Situle: restauro e analisi tecnologica, p. 80
In una vasta area geografica dell’Italia settentrionale, dell’Austria e della Slovenia, a partire dal VII sec. a.C. si sviluppo un artigianato contraddistinto da reperti bronzei istoriati, che va sotto il nome di “Arte delle Situle”, con epicentro di produzione a Este (PD). Nel 2018 prese avvio un ampio progetto interregionale tra enti culturali del Veneto, Lombardia e Marche che comprendeva la diagnosi dello stato di conservazione e lo studio tecnologico di alcuni coperchi, elmi e situle del primo periodo di diffusione di questa forma artistica. Il progetto ha trovato conclusione nel 2021 con la mostra Le fiere della vanita al Museo Nazionale Atestino di Este. Nel contributo si presentano i risultati dei restauri, i dati tecnologici e i nuovi rilievi dei reperti decorati (Le fiere della vanita 2021).
Valentina Mantovani, Alessandra Menegazzi, Arturo Zara. Le vernici nere di Adria presso il Museo di Scienze Archeologiche e d’Arte dell’Università di Padova, p. 98
La campagna di ricognizione, studio e inventariazione dei reperti archeologici del Museo di Scienze Archeologiche e d’Arte dell’Università di Padova condotta tra il 2018 e il 2021 ha consentito di isolare un considerevole gruppo di manufatti ceramici provenienti da Adria, riferibili alla classe della vernice nera greca e romana. Tali reperti, perlopiù in buono stato di conservazione, entrarono a far parte del patrimonio del Museo nei primi anni del Novecento e, sebbene manchino dati che consentano di risalire agli originari contesti di pertinenza adriesi, probabilmente di carattere funerario, e comunque possibile, mediante un’analisi tipologica e cronologica, formulare alcune considerazioni sull’origine dei reperti e la loro contestualizzazione nel panorama della ceramica a vernice nera greca e romana attestata ad Adria tra la fine del IV sec. a.C. e gli inizi del I sec. d.C.
Federica Gonzato, Stefano Buson, Alfredo Buonopane. Un calamaio con marchio di fabbrica e resti di inchiostro da Este (Padova), p. 138
Nel 1878 a Este (Padova) in uno scavo condotto da Alessandro Prosdocimi vennero alla luce alcune tombe di epoca romana, fra le quali una, la tomba XII Civica, presentava un notevole corredo funerario databile al terzo quarto del I sec. d.C. Fra gli oggetti del corredo e presente un pregevole esemplare di calamaio cilindrico in bronzo, con agemina in argento, recante sul fondo, all’esterno, il marchio CARTILIVS. Di particolare interesse sono, poi, i risultati delle analisi effettuate sui resti dell’inchiostro, conservati all’interno del calamaio, da parte di un gruppo di studiosi afferenti alla Direzione regionale Musei Veneto, alle Università di Seiberdorf (Austria) e di Trieste e a Elettra-Sincrotone Trieste S.C.P.A.
Simone Don. Iscrizioni romane da Concordia e il suo territorio: nuovi dati e nuove letture, p. 150
Nell’articolo si analizzano quattro iscrizioni d’età romana conservate a Concordia Sagittaria e a Caorle, già segnalate, ma mai studiate per quanto concerne il loro contenuto; un frammento di lastra contiene la formula ex patrimonio, rara nel mondo romano, riferibile certamente a una donazione o a un atto evergetico eseguiti da un personaggio di spicco della comunità locale. Si analizzano poi la parte inferiore di un’urna cineraria in reimpiego a Concordia, un’ara funeraria con raffigurazioni di patera e urceus e un frammento architettonico, conservati questi ultimi a Caorle.
Andrea Giunto, Giovanni Tasca. Fittili non vascolari da Baldaria di Cologna Veneta (VR): una proposta di interpretazione, p. 160
Il sito della prima età del Ferro di Baldaria di Cologna Veneta (VR), noto per il rinvenimento a fine Ottocento di una ricca necropoli, ha restituito – in seguito a raccolte di superficie degli anni Settanta e a un saggio di scavo del 1991 – anche significative evidenze di abitato. Il contributo si concentra su una tipologia di fittili non vascolari da abitato particolarmente significativa, vale a dire i cosiddetti “forni a elementi mobili”, la cui distribuzione consente un approfondimento sui rapporti a medio e a lungo raggio nel quadro dell’Italia nord-orientale tra VIII e VII sec. a.C.
Brunella Bruno. La fascia esterna alle mura occidentali di Verona: riletture e nuovi dati, p. 176
Recenti scavi hanno apportato nuovi dati sulla trasformazione della fascia extra moenia occidentale della città di Verona tra l’età romana e l’altomedioevo, con informazioni sulle modalità con cui furono abbandonati gli edifici sorti in età imperiale lungo le mura e sui dispositivi creati a difesa della città.
Giulia Pelucchini, Ilaria de Aloe. Necropoli a Verona: aggiornamenti sui rinvenimenti funerari nel settore sud-occidentale del suburbio veronese, p. 196
Dopo la scoperta della necropoli di Porta Palio negli anni Novanta del Novecento, ulteriori rinvenimenti hanno arricchito il quadro delle conoscenze dell’organizzazione funeraria lungo il tratto occidentale della via Postumia a Verona. L’articolo si pone l’obiettivo di delineare un quadro generale aggiornato dello sviluppo dei sepolcreti veronesi collocati lungo tale tratto della via consolare tra la fine del I sec. a.C. e gli inizi del IV sec. d.C., rileggendo, ove possibile, la distribuzione e l’organizzazione spaziale dei nuclei funerari.
Valeria Grazioli, Sabrina Masotti, Jessica Mongillo, Marina Scalzeri, Valentina Zancan, Elisa Zentilini. Le sepolture di infanti della necropoli di Gazzo Veronese – località Ronchetrin (VR), p. 210
Il contributo si concentra sulle sepolture di infanti della necropoli di Gazzo Veronese (VR), località Ronchetrin (fine del I sec. a.C. - meta del II sec. d.C.) in un lavoro interdisciplinare che coniuga l’archeologia con l’antropologia, al fine di individuare le peculiarita delle tombe infantili in merito alla loro distribuzione nell’area funeraria, al tipo di ritualità e ai corredi.
Giorgio Chelidonio, Mara Migliavacca. Elementi di tecnica “campignana” nel territorio vicentino a partire da un nuovo rinvenimento a Monte Faedo, p. 226
La tecno-tipologia bifacciale “campignana” si inquadra in facies oloceniche. Non ne sono noti studi funzionali ma la sua diffusione coincide con aree ricche di selce; pare, quindi, legata a adattamenti ambientali e/o particolari scelte utilitaristiche. Particolare rilievo hanno i tranchet, bifacciali asciformi dotati di un’estremità tranciante prodotta con un doppio stacco, che ne determina un profilo funzionale simile a quello delle asce levigate. Il rinvenimento di un tranchet tipico a Monte Faedo suggerisce nuove considerazioni sulla loro diffusione.